Certo che questo capitolo con questo titolo può suonare insolito o fuori posto, anche perchè prima di parlare del '91 è doveroso fare un piccolo riassunto storico.
Siamo agli inizi degli anni '50, il mondo è diviso in due blocchi ben distinti, quello ad est sotto l'influenza sovietica conosciuto come il Patto di Varsavia e quello ad ovest, contrapposto, conosciuto come Patto Atlantico, la Nato.
La terminologia Nato, espressa nelle lingue dei tre paesi (Inglese-Americano e Francese) su quattro vincitori della seconda guerra mondiale, significa:
North Atlantic Treaty Organization oppure Organisation du Traité de l'Atlantique du Nord, in pratica era un'organizzazione internazionale per la collaborazione nella difesa, in caso di guerra, contro il blocco sovietico.
Poichè queste nazioni riconosciute in questo patto collaborano militarmente, si pensò di uniformare le munizioni delle armi leggere, in modo tale che un esercito di una nazione potesse usare i proiettili delle nazioni alleate indipendentemente dal paese di produzione, in pratica interscambiabilità di armamento leggero e relativo munizionamento.
Per lo sviluppo di tale proiettile, la sua derivazione dal calibro 30-06 americano, la differenza tra il 7,62 Nato e il calibro 308 (suo gemello commerciale), vi riamando a fonti specifiche e più dettagliate come in questa scheda di Absolut ( http://www.exordinanza.net/ricarica/762vs308.htm ).

Anche l'Italia come tutte le nazioni della Nato avviò le sperimentazioni, servendosi di appositi "strumenti",  per lo studio e la produzione del cal.7,62.
Il nostro esercito negli anni '50-'60 era, in gran parte, ancora armato con le armi modello 1891 e di conseguenza avendo in "casa" queste armi si pensò di modificarne alcune per testare la nuova munizione.
Certo non si può definire quest'arma un modello '91; ma è interessante vedere come è stata trasformata e quindi a nostro avviso degna di menzione; anche se utilizzata per questo ruolo insolito, non operativo, ma sicuramente importante come se fosse un'ultima corvè.
Di fatto è stata sostituita la canna del calibro 6,5 con quella in cal.7,62, con l'aggiunta di due tappi a pistoncino per l'inserimento dei cilindretti in rame (crushers), che venivano schiacciati dall’azione dei gas.
La variazione della loro dimensione consentiva di risalire, tramite una tabella precostituita, al valore di pressione esercitato dai gas generati dalla combustione del propellente.
La presenza dei due pistoncini, normalmente in questa tipologia "d'armi" se ne trova solo uno, è perche probabilmente le specifiche richiedevano la misurazione della pressione sviluppata dalla munizione in due punti ben precisi.
Queste “armi manometriche” se così possiamo definirle, vennero realizzate dallo stabilimento militare di Terni, per le Ditte produttrici di munizioni, la LMI di Campo Tizzoro e la Fiocchi di Lecco che si erano aggiudicate le forniture di munizioni per l’esercito Italiano.



Arma della collezione privata del Sig. Claudio Iori
Vista dei ferri; culatta e meccanismo di sparo sono di un'arma mod.'91.
Particolari dei pistoncini e della scritta che identifica, oltre al calibro 7,62, anche Gardone Valtrompia (GV) e Terni (FAT) come costruttori nel 1954.
La lettera C. seguita da un numero è certamente un nomenclatore, tipo codice del pezzo ecc ecc.
Una vera chicca è la struttura dei legni, che ha per base di partenza quella del 91, per poi essere stata adattata e modificata con grande maestria da parte di abili artigiani.
Vista esterna ed interna dei legni.
Vista laterale.
Vista dell'otturatore, la parte scura del legno è quella trasformata per adattare la nuova struttura della canna.
Scasso interno per l'alloggio dei cilindretti, si nota all'interno scritto a matita il numero 24 (forse il numero progressivo di produzione dei legni).